lunedì, novembre 14, 2005

Programma

Di solito gli articoli li linko, ma questo, del Corriere della Sera lo voglio anche copiare: come portafortuna!

Soldi investiti e qualche rinuncia: i trucchi per farcela
Addio al lavoro a 40 anni, si vive di rendita

Un «popolino», quello dei reenters in Italia, che secondo l’ultimo rapporto del Censis conta 950 mila famiglie

A.A.A cercasi persona per vivere di rendita. Single, minimo 40enne, esperienza lavorativa ventennale, capitale iniziale sui 700 mila euro, disposto a trasferirsi e a privarsi, ogni tanto, di qualcosa. Astenersi ereditieri/e, altrimenti non vale. Se poi nessuno ha le carte per rispondere, non ci si stupisca. E’ che a quell’età e tante primavere da sfangare tra corsi di spagnolo e brigolage, acqua gym e tai-chi, lauree brevi e lunghe da prendere, un sogno così te lo regalavano giusto le baby pensioni. Poi giro di vite e vivere senza lavorare (e senza il capello bianco) è diventata di nuovo un’utopia. Salvo per i fortunati eredi di patrimoni di famiglia, i vincitori di superenalotti, lotterie, divorzi strepitosi: un «popolino», i reenters in Italia, secondo l’ultimo rapporto del Censis, di 950 mila famiglie (non tutti nababbi: molti sopravvivono più che vivere di rendita). Modello «Batman» (eroe orfano di genitori miliardari), «Conte di Montecristo» (anni in galera ma poi il gruzzolo fuori), «Ivana Trump» (divorziata super-consolata), «Paris Hilton» (l’ereditiera con la E maiuscola). Che come Hugh Grant in «About boy» ogni mattina alzandosi diceva: «Chissà come fa la gente che lavora. Io ho così tante cose da fare».
E ora che anche gli americani si stanno chiedendo come godersela senza timbrare il cartellino (nove pagine, nove, sul sito del New York Magazine), loro destinati spesso, per un sistema pensionistico privato, a «trascinarsi all’infinito le loro - così scrivono - stanche ossa da casa all’ufficio e viceversa», lo sghiribizzo di provarci in piena stanca della generazione working alcoholic viene. Analisti al lavoro, allora. Sui quarantenni il gioco è meno fantascientifico: capitali iniziali accumulati in 16-20 anni di lavoro dal milione di euro ai 500 mila (se si vuole vivere sino a 100 o a 58 di rendita) per campare con 35 mila euro l’anno. «E’ ovvio che se uno ha la casa di proprietà, è single , senza problemi di tanto in tanto a rinunciare a qualcosa - commenta il broker Paolo Golimucci - l’impresa è meno utopistica». Investimenti consigliati: i classici titoli di stato (bot o cct). Ma un’altra strada, per chi ha un capitale, è il rimborso programmato di quote di un fondo d’investimento e, per chi il capitale ancora non ce l’ha, le polizze fip (forme integrative previdenziali) o i pac (piani di accumulo del capitale).
La casa ha un valore aggiunto inestimabile: averla di proprietà o affittarla fa una grande differenza. Nel primo caso è la sicurezza di una sostanziosa uscita in meno. Nel secondo è meglio valutare di trasferirsi là dove il mercato immobiliare è meno strangolante. Per il resto gli specialisti dicono che funzionano i conti in tasca fatti con il buon senso. La rendita è quella: piuttosto un profumo o una cena al mese in meno ma mai intaccarla. Per gli americani, popolo per nulla risparmiatore (da qui la necessità di portarsi in giro le «ossa rotte»), il New York Magazine ha addirittura messo a punto un test a punteggio: dove se rispondi che ti piace la limousine con l’autista o che sei tentato dalla chirurgia estetica (40 punti) rischi di lavorare tutta la vita. «Mai sognato l’autista, forse per questo ora posso vivere di rendita, almeno per un po’», la voce è giovane e squillante. Poi scopri pure che è una bella ragazza Fiammetta Bonaccorsi, 34 anni e non sta scherzando: «Primo lavoro, l’estate dei 15 anni, commessa in panetteria. Risparmiando sempre qualcosa, mai investendo, però». Una vera formichina. Al dunque: «Tre anni fa ho avuto un’ottima buonauscita. L’ho messa via e sono partita per l’Australia. Altri due anni di lavoro e a quel punto il gruzzolo era pronto. Mi sono licenziata e ora per 4 anni, a 1.200 euro al mese di rendita, posso pensare solo a laurearmi: il mio sogno».
Paola Pollo
14 novembre 2005

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