Cose che si comprano in viaggio
Esistono molteplici forme di euforia:
il nostro stato mentale può venire alterato dall'alcol, dalla droga, da farmaci e da mille altre cose.
Negli ultimi giorni però ho riflettuto un po' sull'euforia da viaggio che è insidiosissima.
Si manifesta prima del viaggio:
normalmente quando si cominciano a comprare riviste per informarsi su dove andare.
Si protrae durante il viaggio e normalmente perdura anche dopo il fatidico viaggio quando si fanno prigionieri parenti e amici, sempre in piccoli gruppi, e li si "deporta" su un'isola dove in tempo scorre molto più lento del dovuto, dove sono temporaneamente sospese le libertà umane fondamentali e li si sottopone alla visione del materiale fotografico e videoamatoriale raccolto durante il viaggio.
Incidentalmente vorrei dichiarare che non mi divertono per niente le fotografie fatte al tizio thailandese vestito con gli abiti tipici locali che per essere fotografato vuole essere pagato ma che voi avete fotografato gratis facendo finta di fotografare un particolare architettonico: lo sa anche lui che lo state fotografando, infatti l'ho visto in almeno tre dossiers fotografici alla cui visione sono stato sottoposto ed era: sempre il solito tizio sempre nella stessa posizione per cui o lo avete pagato tutti - e conoscendo bene alcuni dei soggetti che lo hanno fotografato mi sembra impossibile - o eravate tutti in Thailandia nello stesso momento - e so che non è così - o quello è un impiegato statale pagato per farvi sentire furbi ed eroici, un animatore!
Dopo questa digressione possiamo tornare all'argomento su cui vorrei focalizzare la mia attenzione su una manifestazione dell'euforia turistica che si manifesta durante il viaggio: quando il cervello va in cortocircuito e ci lascia comprare di tutto.
È difficile parlarne perchè questo argomento ci obbliga a cercare dentro noi stessi e a confrontarci con una persona diversa da quella che crediamo di essere.
Tutti, in viaggio, abbiamo sperimentato quel bisogno insaziabile di appropiarci di un oggetto: un vestito da samurai completo di spada, un narghilè marocchino, un tappeto da preghiera musulmano, un coltello con manico ricavato da una zampa di coniglio alla soglia della decomposizione, una gondola lunga un metro e venti con 200 lucettine, un fermacarte di bronzo che riproduce il Colosseo, una lampada che riproduce la torre di Pisa, un ventaglio a Siviglia, un cappello messicano a Barcellona (capisco lo sconcerto, ma succede... fa male vederlo ma succede)... potrei continuare per ore ma ci siamo capiti, anche se non posso evitare di ricordare le maschere africane in legno scuro.
Al momento ci immaginiamo di tutto: che potremo andare alla prossima cena con i colleghi fieri del nostro vestito da samurai e che ci invidieranno tutti per cui dovremo scartare l'idea di riutilizzarlo a Carnevale, ci immaginiamo litigando per la gondola nell'eventualità di una separazione dalla nostra dolce metà, siamo sicuri che dovremo usare la forza con la suocera perchè non ci sottragga con l'inganno la lampada fatta a forma di torre di Pisa e siamo sicuri che i più fini esperti di tappeti orientali ogni volta che verranno a casa loderanno il nostro tappetino da preghiera musulmano.
Se poi ci capita di trovarci in qualche paese dove il cambio è favorevole allora il fenomeno si aggrava: tutto sembra meno caro, anche se in realtà questo fenomeno si verifica quasi sempre viaggiando, c'è pieno di mercatini e finiamo col tornare in albergo con una percentuale importante del mercatino nella sua interezza.
Siamo coscienti che l'arredamento di casa nostra cambierà radicalmente, ma sappiamo che verremo ampiamente ripagati dalla sensazione che proveremo ogni volta che apriremo una bottiglia di birra con l'apribottiglie in osso di canguro, soprattutto perchè è impossibile farlo funzionare.
Dopo l'aquisto il passo più complicato è lo stoccaggio:
tutta quella roba in valigia non ci entrerà mai per cui compreremo una bellissima, e per niente costosa, valigia nuova dove metteremo i pezzi più pregiati e che useremo come bagaglio a mano il resto lo ripartiremo tra i compagni di viaggio, i compagni di check-in conosciuti e sconosciuti, pur di non pagare la sovrattassa sul peso anche se il valore della mercanzia lo giustificherebbe.
A quel punto imbarchiamo la valigia con la spada da samurai con la sicurezza di un contrabbandiere e quelli dell'aeroporto se ne fregano perchè tanto sanno che la lama è fabbricata da una lega di carta stagnola con carta di cioccolatino e ne imbarcano 300 al giorno.
Una volta in aereo la trepidazione è immensa: le cose fragili non si devono rompere e non sappiamo ancora dove mettere la "zanna" di gatto, domestico ma che ci hanno venduta per preistorica, se sul mobiletto all'ingresso o sulla libreria nello studio.
Una volta a casa dopo aver verificato che è tutto integro ci accorgiamo con immenso disappunto che le maschere di legno che ci siamo passeggiati dal Kenya: fanno schifo in casa nostra, sono oggettivamente brutte e qui neanche i senegalesi per strada le vendono più, per cui non c'è neanche la speranza di rivendergliele.
La lampada fatta a torre di Pisa inizieremo a considerarlo un errore di gioventù e quel cazzo di tappeto da preghiera puzza tanto che il gatto, se ce lo avessi, lo avrebbe già scelto per farci i suoi bisognini.
Senza contare che il narghilè c'è uguale al negozio di cianfrusaglie all'angolo - costa anche di meno - e che se davvero mi venisse voglia di uscire conciato da samurai mi ricovererebbero subito in psichiatria.
Una volta in un aereoporto ho visto una specie di vetrina dove tengono tutti gli oggetti derivati dall'uccisione di animali protetti e che vengono sequestrati ai controlli effettuati sui viaggiatori.
Giuro che non capisco perchè glieli ritirano sarebbe peggio se glieli lasciassero e li obbligassero a usarli:
per un professore universitario cosa è pìù umiliante una multa più il sequestro di un cappello e un paio di stivali o dare lezioni vestito da Crocodile Dundee fino alla consunzione del cappello e degli stivali, ovvero all'età pensionabile dell'era Berlusconi?
E non sarebbe un sollievo che vi sequestrassero il portacenere ricavato da una mano di gorilla?
Non maledireste il doganiere che ogni venerdi viene a controllare che la zanna di elefante sia in bella vista in salotto?
Negli ultimi giorni però ho riflettuto un po' sull'euforia da viaggio che è insidiosissima.
Si manifesta prima del viaggio:
normalmente quando si cominciano a comprare riviste per informarsi su dove andare.
Si protrae durante il viaggio e normalmente perdura anche dopo il fatidico viaggio quando si fanno prigionieri parenti e amici, sempre in piccoli gruppi, e li si "deporta" su un'isola dove in tempo scorre molto più lento del dovuto, dove sono temporaneamente sospese le libertà umane fondamentali e li si sottopone alla visione del materiale fotografico e videoamatoriale raccolto durante il viaggio.
Incidentalmente vorrei dichiarare che non mi divertono per niente le fotografie fatte al tizio thailandese vestito con gli abiti tipici locali che per essere fotografato vuole essere pagato ma che voi avete fotografato gratis facendo finta di fotografare un particolare architettonico: lo sa anche lui che lo state fotografando, infatti l'ho visto in almeno tre dossiers fotografici alla cui visione sono stato sottoposto ed era: sempre il solito tizio sempre nella stessa posizione per cui o lo avete pagato tutti - e conoscendo bene alcuni dei soggetti che lo hanno fotografato mi sembra impossibile - o eravate tutti in Thailandia nello stesso momento - e so che non è così - o quello è un impiegato statale pagato per farvi sentire furbi ed eroici, un animatore!
Dopo questa digressione possiamo tornare all'argomento su cui vorrei focalizzare la mia attenzione su una manifestazione dell'euforia turistica che si manifesta durante il viaggio: quando il cervello va in cortocircuito e ci lascia comprare di tutto.
È difficile parlarne perchè questo argomento ci obbliga a cercare dentro noi stessi e a confrontarci con una persona diversa da quella che crediamo di essere.
Tutti, in viaggio, abbiamo sperimentato quel bisogno insaziabile di appropiarci di un oggetto: un vestito da samurai completo di spada, un narghilè marocchino, un tappeto da preghiera musulmano, un coltello con manico ricavato da una zampa di coniglio alla soglia della decomposizione, una gondola lunga un metro e venti con 200 lucettine, un fermacarte di bronzo che riproduce il Colosseo, una lampada che riproduce la torre di Pisa, un ventaglio a Siviglia, un cappello messicano a Barcellona (capisco lo sconcerto, ma succede... fa male vederlo ma succede)... potrei continuare per ore ma ci siamo capiti, anche se non posso evitare di ricordare le maschere africane in legno scuro.
Al momento ci immaginiamo di tutto: che potremo andare alla prossima cena con i colleghi fieri del nostro vestito da samurai e che ci invidieranno tutti per cui dovremo scartare l'idea di riutilizzarlo a Carnevale, ci immaginiamo litigando per la gondola nell'eventualità di una separazione dalla nostra dolce metà, siamo sicuri che dovremo usare la forza con la suocera perchè non ci sottragga con l'inganno la lampada fatta a forma di torre di Pisa e siamo sicuri che i più fini esperti di tappeti orientali ogni volta che verranno a casa loderanno il nostro tappetino da preghiera musulmano.
Se poi ci capita di trovarci in qualche paese dove il cambio è favorevole allora il fenomeno si aggrava: tutto sembra meno caro, anche se in realtà questo fenomeno si verifica quasi sempre viaggiando, c'è pieno di mercatini e finiamo col tornare in albergo con una percentuale importante del mercatino nella sua interezza.
Siamo coscienti che l'arredamento di casa nostra cambierà radicalmente, ma sappiamo che verremo ampiamente ripagati dalla sensazione che proveremo ogni volta che apriremo una bottiglia di birra con l'apribottiglie in osso di canguro, soprattutto perchè è impossibile farlo funzionare.
Dopo l'aquisto il passo più complicato è lo stoccaggio:
tutta quella roba in valigia non ci entrerà mai per cui compreremo una bellissima, e per niente costosa, valigia nuova dove metteremo i pezzi più pregiati e che useremo come bagaglio a mano il resto lo ripartiremo tra i compagni di viaggio, i compagni di check-in conosciuti e sconosciuti, pur di non pagare la sovrattassa sul peso anche se il valore della mercanzia lo giustificherebbe.
A quel punto imbarchiamo la valigia con la spada da samurai con la sicurezza di un contrabbandiere e quelli dell'aeroporto se ne fregano perchè tanto sanno che la lama è fabbricata da una lega di carta stagnola con carta di cioccolatino e ne imbarcano 300 al giorno.
Una volta in aereo la trepidazione è immensa: le cose fragili non si devono rompere e non sappiamo ancora dove mettere la "zanna" di gatto, domestico ma che ci hanno venduta per preistorica, se sul mobiletto all'ingresso o sulla libreria nello studio.
Una volta a casa dopo aver verificato che è tutto integro ci accorgiamo con immenso disappunto che le maschere di legno che ci siamo passeggiati dal Kenya: fanno schifo in casa nostra, sono oggettivamente brutte e qui neanche i senegalesi per strada le vendono più, per cui non c'è neanche la speranza di rivendergliele.
La lampada fatta a torre di Pisa inizieremo a considerarlo un errore di gioventù e quel cazzo di tappeto da preghiera puzza tanto che il gatto, se ce lo avessi, lo avrebbe già scelto per farci i suoi bisognini.
Senza contare che il narghilè c'è uguale al negozio di cianfrusaglie all'angolo - costa anche di meno - e che se davvero mi venisse voglia di uscire conciato da samurai mi ricovererebbero subito in psichiatria.
Una volta in un aereoporto ho visto una specie di vetrina dove tengono tutti gli oggetti derivati dall'uccisione di animali protetti e che vengono sequestrati ai controlli effettuati sui viaggiatori.
Giuro che non capisco perchè glieli ritirano sarebbe peggio se glieli lasciassero e li obbligassero a usarli:
per un professore universitario cosa è pìù umiliante una multa più il sequestro di un cappello e un paio di stivali o dare lezioni vestito da Crocodile Dundee fino alla consunzione del cappello e degli stivali, ovvero all'età pensionabile dell'era Berlusconi?
E non sarebbe un sollievo che vi sequestrassero il portacenere ricavato da una mano di gorilla?
Non maledireste il doganiere che ogni venerdi viene a controllare che la zanna di elefante sia in bella vista in salotto?
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